martedì 31 luglio 2007

itineres


…strade!!??!! dove andiamo noi non c’è bisogno di strade!

con questa frase tratta dalla pellicola cult “ritorno al futuro” si apre il sito, seppur scarno e certamente in via di costruzione, di ITINERES;
incuriosito sono andato a ritroso e ho scoperto un gruppo di soci e simpatizzanti del Fuoristrada Club Trieste che, accanto ad una passione innata per motori e off-road, nutrono una profonda passione per i viaggi.

sempre alla ricerca di compagni di viaggio, ho iniziato a frequentarli; con loro sono tornato in Tunisia, abbiamo trascorso ore sulle cartine a studiare nuovi itinerari, abbiamo parlato del Marocco, dell’Algeria, del Mali, paesi che conosco, ma anche della Libia, della Romania, dei balcani… di tanti altri luoghi che vorrei visitare.
da subito mi ha affascinato il loro modo “diverso” di viaggiare, tanto simile al mio, un paio di amici, talvolta solo la mia compagna, altre volte ancora un gruppo più numeroso,
ma privilegiando sempre il viaggio, fuori dagli schemi, liberi di conoscere e vedere, senza vincoli di orario, senza mete predefinite.

oppure visitare posti più lontani, difficilmente raggiungibili in fuoristrada in tre o quattro settimane, ma stupendi da girare con un’auto a noleggio o con i mezzi pubblici o…in taxi-brousse, immersi completamente nel paese, nei suoi colori, negli odori.

gli anni passano, forse sto diventando un po’ vecchio per questo genere di viaggi… non credo, non ancora!

mercoledì 25 luglio 2007

sahara, il primo impatto


novembre 1986, le ruote del 737 toccano l’infuocato asfalto dell’aeroporto di Tamanrasset.
ci scaricano i bagagli in mezzo alla pista, trascino la mia sacca dentro al terminal, non pensavo esistesse un aeroporto così,
non lo sapevo ancora, ma negli anni seguenti avrei visto di peggio.

entro, dentro solo persone, una ressa incredibile, ed in fondo l’uscita – uno sguardo, ci siamo tutti, siamo solo in quattro, diamo una mano a Clara e ci avviamo verso l’unica uscita.
arriviamo alla porta, fuori il nulla, solo il deserto …ecco perché lo chiamano così;
ci guardiamo negli occhi, nessuno parla, il pensiero di ognuno è lo stesso: siamo venuti qua ad arrampicare, ma possiamo contare solo su noi stessi: american express, travel cheque, tutto inutile, bisogna arrangiarsi;
con pochi franchi in tasca e tanta fantasia, sacca in spalla,

inizio a seguire l’unica strada verso Tam.

non so come ma ci arriviamo,
finché non vedi è difficile immaginare…
rosicchiando una baguette vaghiamo per i vicoli, Clara parla un po’ in francese, chiediamo, riusciamo a trovare un vecchio land rover e Fudil è disposto a portarci ad arrampicare per i prossimi dieci giorni.
ci accordiamo sul prezzo – praticamente tutto ciò che abbiamo, tanto dormire nel deserto non costa niente e per mangiare… penseremo dopo.

Fudil, sono passati più di vent’anni ed ancora sento tra le labbra il sapore del suo thé à la menthe,
lo vedo smontare e riparare con pochi attrezzi la pompa della frizione del land che è cassé,
lo vedo mentre prepara il cous-cous avec la viande de gazzelle – eravamo affamati, avremmo mangiato qualsiasi cosa,
e mentre prepara le pain de sable, il pane cotto sotto la sabbia;
ricordo la sua vista, da far invidia al nostro binocolo, i suoi sensi sempre all’erta,
ricordo le notti attorno al fuoco, guardava le stelle e diceva:
le maroc à la gauche, le niger tout droite, l’egypt là-bas e poi
guardava stupito la nostra Michelin 953 del nord africa,
siamo qua gli dicevo, e non voleva credere!
me lo ricordo sicuro e tranquillo alla guida, - penso sia stata l’unica volta, e ne ho fatti di viaggi in africa, in cui non mi sono ritrovato a spingere la macchina o a scavare!!!

dieci giorni sono passati in fretta,
siamo di nuovo a Tam,
ci invita a bere un ultimo chai, à la maison,
domani abbiamo l’aereo, si offre di accompagnarci, stavolta quei quattro chilometri fino all’aeroporto li facciamo in land rover,
shukran, ou revoir, à la prochain – gli dico
inchallah – mi risponde, solo alcuni anni dopo ho compreso il significato di quella parola.

lunedì 23 luglio 2007

mal d'africa





... se non esiste il mal d'america o il mal d'asia ci sarà pure un motivo.
ho iniziato a vagare per l'africa nella prima metà degli anni '80
il Kenia, il Kilimangiaro, le arrampicate in Hoggar, in Tesnou, in Tefedest
la Main de Fatima, le gole del Todra, il Toubkal...
e, poco alla volta, l'africa, con le sue genti, i suoi colori, i suoi odori - il sahel, il deserto mi sono entrati nel sangue,
e da allora, complice anche l'invalidità di questi ultimi anni, è stato un continuo ritornare, girare, rivisitare
ritrovare un mondo sempre eguale e sempre diverso allo stesso tempo, capace di dare sensazioni uniche e sempre nuove,
non sei nemmeno tornato a casa e già nuovi progetti, nuove mete,

nuovi sogni...